Si può prevedere la storia?
I cicli storici sono complessi. La storia ha dei ritmi nascosti che derivano dall'intersezione di più cose, tra cui tecnologie a economia. Qui cerco di fare un po' di chiarezza
1. i cicli economici
Gli ambienti accademici non sono gli unici ad avere notato la faccenda che la storia si ripete con un certo grado di regolarità. Anche Ray Dalio, fondatore di Bridgewater Associates, uno dei più grandi fondi di investimento al mondo, ha pubblicato un libro a riguardo. Dalio focalizza tutta l’analisi sull’economia per prevedere quella parte della storia legata ai macro trend di mercato. Studiando gli imperi degli ultimi 500 anni, tra cui quello Olandese, Inglese e Americano, osserva che hanno avuto tutti lo stesso andamento e identifica tre fasi di quello che chiama macro ciclo (big cycle):
Durante l'ascesa i governi sono inondati di richieste di credito e questi devono trovare modi di selezionare a chi concedere prestiti. I governi, se hanno i mezzi per farlo, cercano di svincolare il denaro circolante dalla ricchezza effettiva per crescere di più, ma creando inflazione. Negli Stati Uniti questo è successo ad esempio nel 1971 con la fine della convertibilità del dollaro in oro. Durante l'apice chi ha avuto credito, capacità e fortuna si è potuto arricchire, magari diventando parte dell'élite.
Arrivate all’apice i governi, soprattutto se hanno contratto grossi debiti durante l'ascesa, iniziano a chiedere interessi crescenti per limitare l'accesso al nuovo credito e possono decidere di svalutare il denaro per diminuire il peso dei propri debiti. Le élite che avevano fatto debiti per arricchirsi sono avvantaggiate da ciò perché anche il debito si svaluta, così il divario tra ricchi e poveri aumenta, esattamente come nella Structural Demographic Theory. A quel punto i consumi calano e l'economia entra in stagflazione, così i governi abbassano l'interesse sui prestiti per far ripartire l'economia, ma questa volta si generano delle bolle speculative in cui la maggior parte della ricchezza circola tra i ricchi. Quando queste bolle scoppiano generano del debito insoluto che destabilizza l’economia e i governi. Si tratta di ciò che è avvenuto negli Stati Uniti e in Europa allo scoppio della bolla dei mutui subprime del 2007.
Durante la fase di declino i governi hanno difficoltà a rientrare dei crediti e tendenzialmente fanno nuovo debito per finanziare nuovi modi di riempire le casse dello stato, tra cui guerre e riforme, o in alternativa periodi di austerity, accordi con i creditori per la ristrutturazione del debito o, nei casi peggiori, il default. In questa fase i governi prendono rischi molto grossi, come ad esempio l'Unione Europea che ha stanziato ingenti fondi per il piano di risanamento del Next Generation EU. Se i debiti contratti sono spesi bene generano una nuova fase di crescita. Essa può essere forte se accompagnata da riforme culturali che aumentano la cooperazione sociale, altrimenti è debole. Se i debiti non sono spesi bene portano le società a impoverirsi.
2. un po’ di ordine tra i vari cicli
Per Dalio il macro ciclo è dato dalla sovrapposizione di diversi altri cicli che ne influenzano i passaggi. Il ciclo dei conflitti interni, ovvero delle disparità che insorgono tra ricchi e poveri con le tensioni sociali che ne derivano; il ciclo dei conflitti esterni, ovvero tra governi che competono per accaparrarsi beni guerreggiando quando uno appare indebolito; e il ciclo macroeconomico, ovvero l’equilibrio tra la ricchezza che una società spende per affermarsi (facendo debito) e la ricchezza che deve generare per ripagarlo. A sua volta il ciclo macroeconomico è composto da cicli più brevi, quelli del debito a lungo termine, o di Kondratiev, che durano tra i 50 e i 75 anni, e quelli del debito a medio termine (o di Kuznets) che durano in media 15 anni. C’è ampia sovrapposizione tra le fasi descritte da Dalio e quelle descritte da Turchin, poiché la fase 1 del ciclo secolare corrisponde grossomodo all’ascesa del macro ciclo, le fasi 2 e 3 all’apice e le fasi 4 e 5 al declino.
Iniziano ad esserci troppi cicli in gioco. Conviene fermarsi un attimo e fare una mappa mentale: quella nella figura.
Mi era ormai abbastanza chiaro che ci sono molti livelli di cicli che, come fanno le onde sonore, si propagano uno dentro l’altro, mescolandosi:
Il ciclo di Dalio, ovvero il macro ciclo economico/culturale. Esso può durare uno o più cicli storici seguendo l’andamento della cultura di una società, della sua macroeconomia e dei suoi conflitti interni ed esterni. Dalio prende in considerazione solo grandi imperi e vede che durano circa 250 anni. Il suo modello non comprende le piccole società, a differenza di quello di Turchin.
Il ciclo di Turchin, ovvero il ciclo storico, che dura in media 100 anni e segue l’andamento della cultura, della demografia e della capacità di adattamento delle società. In quelle che hanno più successo tendenzialmente la cultura si mantiene per più cicli economici, intorno ai 120 anni, nel caso una società sia debole invece tende a durare meno, circa tra i 50 e i 70 anni, che grosso modo coincidono con le ondate di Kondratiev.
Le ondate di Kondratiev hanno una durata media di 60 anni e sono legate ai cicli economici introdotti dagli adattamenti tecnologici. Anche se molti economisti non lo accettano, il modello di Kondratiev predice gli avanzamenti tecnologici degli ultimi due secoli. Ad esempio il ciclo spinto dalla macchina a vapore nell'industria tessile (1790 - 1850) è seguito dal ciclo sostenuto da acciaio e ferrovia (1850 - 1910), a sua volta seguito da un ciclo alimentato da automobili e petrolio (1910 - 1970) infine seguito da un ciclo di computer e internet (1970 - 2020). Quindi quello iniziato ora, spinto dall’IA e dai dati, potrebbe arrivare al 2080.
Poi viene il ciclo identificato da Kuznets, che dura circa 15-25 anni. Da un punto di vista economico è un ciclo del debito a medio termine ed è stato associato alle ondate generazionali che comprano casa e agli investimenti di tipo infrastrutturale nel patrimonio delle aziende.
C’è poi un ciclo del debito a breve termine, chiamato ciclo di Juglar, che dura poco meno di un decennio e segue le variazioni delle riserve bancarie. Questo ciclo è legato al capitale fisso, ovvero quegli investimenti utilizzati ripetutamente nella produzione di un prodotto. Dalle analisi sui cicli di Juglar è emerso che la causa più importante delle crisi cicliche deriva dalle forti disproporzioni che si sviluppano già all’inizio del ciclo, durante i boom creditizi. Si tratta di disproporzioni tra diversi settori economici, che poi hanno una ricaduta reale su chi lavora o meno in quei settori. Ne deriva che alcune professioni diventano meglio pagate di altre e alcune città più ricche di altre.
Nei dati macroeconomici sono stati osservati i cicli di Juglar e di Kuznets. Per questo motivo gli economisti possono averne una minima consapevolezza e tentare di anticipare tendenze nel medio-breve periodo, ma praticamente al momento attuale non abbiamo nessun controllo dai cicli di Kondratiev in su. Karl Popper ci ammonisce che la storia non è prevedibile scientificamente, e quando scriveva era certamente vero. Ma anche le previsioni del tempo non sono state granché attendibili fino a quando, dal 1955 in poi, si sono fatti modelli predittivi al computer, che ovviamente hanno un margine di errore anche considerevole. Anche per la storia potrebbe essere una questione di tempo e qualità dei dati.
Dalla prossima volta voglio iniziare a fare esempi concreti di cicli storici, dalla crescita fino alla crisi, per cercare di capire come i colassi sono stati evitati in passato e cominciare a parlare di come si possono raccogliere e formalizzare i dati storici. A lunedì.