Crisi globale: a che punto siamo?
Non è facile capire a che punto del ciclo storico siamo, per questo sto lavorando con l’Università di Torino a riconoscere le fasi per mezzo dell’IA. Qui presento uno sguardo sulla teoria.
1. la storia è ciclica, si ripete sempre diversa.
Che sia in corso una crisi globale non ci sono dubbi. Ma a che punto siamo della crisi? Difficile dirlo semplicemente guardando i dati della contemporaneità. Per fortuna però la storia si ripete, anche se sempre diversa, ed è possibile fare dei modelli generali per avere un’idea di dove stiamo andando. La Structural Demographic Theory definisce 5 fasi nei cicli secolari, che sono legate alle dinamiche della percentuale di benessere in una società nel tempo. La figura lo illustra molto bene.

La fase 1 è la crescita. Durante questa una élite prevale sulle altre o le élite si accordano su una idea di società, in ogni caso viene diffusa una cultura nuova ed efficace che crea coesione sociale. L’economia cresce rapidamente e lo Stato espande il proprio controllo sulla popolazione. Ciò porta ad una maggiore prosperità (a volte anche diffusa) e stabilità economica, ma solleva il problema della sostenibilità. I periodi di ricostruzione immediatamente successivi alle guerre, come l’Italia del dopoguerra negli anni Cinquanta, sono esempi di questa fase.
La fase 2 è di impoverimento della popolazione. La popolazione continua a crescere di numero mentre l’economia rallenta e la ricchezza inizia a concentrarsi nelle mani delle élite. Ciò accade perché nel lungo termine il tasso di rendimento del capitale (quello detenuto dalle élite) è tipicamente maggiore del tasso di crescita economica e dei salari della popolazione, come dimostra Piketty. Inoltre, la demografia ha un forte impatto sulla ricchezza della popolazione: più sono disponibili lavoratori dello stesso tipo, meno è probabile che i loro salari crescano. In questa fase quindi la capacità dello Stato di avere controllo sulla popolazione raggiunge i suoi limiti. Ciò può portare ad una crescente disuguaglianza e all’inizio di disordini sociali. Gli Stati Uniti negli anni 1890 e 1970 sono un esempio di questa fase.
La fase 3 è quella di sovrapproduzione d’élite. La popolazione cerca di arricchirsi e accedere ai ranghi delle élite, ma sovraccarica i meccanismi di ascensore sociale e riduce la competenza generale delle élite, il che aumenta ulteriormente la probabilità di instabilità sociale. L’URSS negli anni ’50 e gli Stati Uniti negli anni ’90 sono esempi di questa fase.
La fase 4 è lo stress dello stato. La capacità dello Stato di governare la popolazione e di promuovere la cooperazione tra la popolazione e le élite comincia a diminuire, e le élite diventano sempre più frammentate. Ciò può portare a violenze diffuse, saccheggi e potenzialmente a guerre civili. Inoltre, lo Stato tende a trovarsi in difficoltà finanziarie a causa del rallentamento dell’economia e della frammentazione interna, ma cerca di sostenere qualsiasi costo pur di restare in piedi. Chiaramente molto viene sprecato per la lotta interna tra le élite. L’Italia fascista degli anni 1930 era in una fase di questo tipo.
La fase 5 è di crisi, collasso o ripresa. Qualsiasi evento scatenante che lo stato non riesce a gestire porta ad un rovesciamento dello stato o a una riforma profonda. Lo Stato viene riformato dalle élite che ritrovano un equilibrio oppure rovesciato da forze, interne o esterne, che impongono una nuova cultura. In ogni caso quindi si crea dolorosamente un nuovo equilibrio sociale e inizia un nuovo ciclo. Esempi sono la Francia nei 1790, il Regno Unito negli anni 1940, gli Stati Uniti nel 1860 durante la guerra civile e anche negli anni 1930 durante le riforme del New Deal.
2. Ma è Marx! Ah, no.
Qualcuno potrebbe vedere in questo modello una sorta di lotta di classe Marxista tra la popolazione impoverita e le élite ricche. No, la Structural Demographic Theory va ben oltre Marx. Per iniziare gli attori sociali non sono solo élite e Popolo, ma si aggiunge lo stato.
La popolazione è la fonte delle risorse e della manodopera, rappresenta circa il 90% dell'intera società ed è quella parte che segue le istruzioni della cultura per produrre beni e ricchezza, consumandone solo una parte.
Le élite, che in genere coprono circa l'8% della società, sono i gruppi dedicati a trovare potenziali soluzioni ai problemi della società e lottano per far parte dello Stato e definirne la cultura. Chi può entrare a far parte dell’élite dipende dalla struttura della cultura e dai rapporti di potere nella società. Ci tornerò su.
Lo Stato, formato da circa il 2% della società, è il governo che impone e preserva la propria cultura, gestendo le risorse della popolazione e il rapporto tra popolo e élite. È composto da uno o più gruppi d'élite, a seconda della struttura sociale, e cristallizza la cultura per mantenere viva la società.
La lotta di classe tra popolo e élite è quindi un fallimento dello stato, che deve essere riformato o sostituito. Ecco quindi spiegate le fasi de ciclo. Ma la domanda ritorna:
3. quindi a che punto siamo del ciclo?
Ne possiamo parlare, ma io temo che siamo ancora nella fase 4. Non facile capire a che punto del ciclo siamo, per questo sto lavorando con l’Università di Torino a riconoscere le fasi per mezzo dell’IA. Le guerre, quella psicologica, quella cibernetica e quelle sul campo, sono certamente eventi da potenziale collasso. Dai modelli mi aspetto che gli Stati Uniti arrivino alla fase 5 prima dell’Italia e dell’Europa, ma come ogni modello potrebbe sbagliare. Di sicuro abbiamo un impero in fase discendente (USA) e uno in fase ascendente (Russia). Di solito quelli in fase discendente perdono pezzi e quelli in fase ascendente cercano di conquistarli. Chi sta nel mezzo, in questo caso noi europei, sono di solito le società che diventano fucine di una cultura nuova. La strada è segnata. Il ciclo non torna mai indietro, può solo andare avanti. la cosa che non vi ho detto è che il ciclo storico è solo uno di diversi tipi di cicli. Ne parlerò nel prossimo post. A lunedì.