La storia con i dati: religioni ancestrali
I (pochi) dati sulle prime religioni svelano quando il culto degli spiriti è probabilmente stato soppiantato dal culto degli antenati, e perché.
1. A cosa serve la religione (in ottica Structural Demographic Theory)
Ci sono molti modi in cui i governi e le èlite agiscono sul popolo, dalle leggi agli incentivi economici. Invece non sono molti i modi in cui la popolazione può fidarsi delle èlite e del governo. La religione è il principale mezzo con cui il popolo può conoscere e spesso condividere il pensiero delle èlite. Così la religione diventa il dispositivo culturale che maggiormente permette di mantenere la coesione sociale, e lo fa basandosi sulla necessità universale dell’uomo di dare senso alle proprie azioni in un orizzonte che possa andare oltre alla propria vita. Tutte le società note hanno adottato delle pratiche religiose di qualche tipo e tutte le forme religiose prevedono dei rituali, un immaginario che trascende l’orizzonte umano e una serie di norme morali e punizioni. Se escludiamo le infrastrutture e la gestione delle informazioni, che aiutano le religioni a diffondersi, l’evoluzione delle religioni va di pari passo a quelle della centralizzazione dell’autorità e della diffusione della legge, come mostra la figura. Capire l’evoluzione delle religioni è estremamente utile per comprendere quali problemi le società hanno affrontato per avere una maggiore coesione sociale e come li hanno risolti (creandone poi altri).
2. Che cos’era il culto dei morti
Al primo livello c’è il culto dei morti e degli spiriti, che permette di spiegare le malattie e gestire la paura collettiva. Quando in una comunità arriva un’epidemia si crea il panico e l’irrazionalità distrugge la coesione sociale. Abbiamo visto questo meccanismo all’opera durante la pandemia di COVID-19, nel 2020. Quando l’ignoto e la paura di morire si manifestano in una società, gli individui sperimentano alti livelli di stress e paura. Da una parte si generano comportamenti estremamente individualisti, come le compere da panico, ovvero cercare di accaparrarsi scorte di qualsiasi cosa prima degli altri, dall’altra si cerca un capro espiatorio a cui addossare le colpe per esorcizzare la paura. Gli spiriti sono il capro espiatorio per esorcizzare la paura. Nelle culture antiche quando una persona si ammala viene posseduta da uno spirito maligno, che oggi sappiamo essere un virus o un batterio. Gli spiriti sono nell’aria e hanno a che fare con il respiro, che in greco antico si dice ànemos, ovvero “soffio”, “vento”. Da qui deriva il latino anĭmus, che ha il significato più ampio di “anima” e “spirito”. Quando una persona muore non respira più. Il suo “soffio” si disperde nell'aria, il mondo dei morti. Gli spiriti dei morti non sono più visibili ma hanno un impatto sul mondo reale, ad esempio appaiono in sogno o portano malattie. Per questo in moltissime culture serve un tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti: lo sciamano. L’antropologia ce lo presenta come un guaritore che, attraverso stati di coscienza alterata, viaggia tra la vita e la morte per scacciare gli spiriti che portano malattia. Il suo effetto è prima di tutto psicologico. Il malato si sente protetto dallo sciamano e resiste alla malattia, a volte aiutato dalla conoscenza delle erbe medicinali.
3. Come muore il culto dei morti
Quello che conta è che la comunità resti coesa e non finisca in preda al panico. Il corpo viene sepolto o cremato per non offendere gli spiriti e evitare le malattie. Ci sono evidenze di inumazione già dal paleolitico, e anche l’uomo di Neanderthal aveva delle pratiche di sepoltura. Probabilmente il culto degli spiriti inizia a perdere la sua efficacia quando il problema si sposta dalle malattie alle carestie. Per millenni le società umane hanno vissuto come cacciatori-raccoglitori mettendo al centro della dieta la carne di grossa selvaggina, finché la grossa selvaggina ha cominciato a scarseggiare. Il sito di Tell-Qaramel probabilmente era uno snodo importante della rotta commerciale dell’ossidiana tra la Turchia e la Galilea. Attorno al 9800 a.C. Il clima della regione si fa sempre più desertico, la siccità fa emigrare gli animali selvatici e inizia la fase di declino della città. Intorno al 9500 a.C. appare un santuario con al centro la statua di un uro, un antenato selvatico del bue. I resti di quattro uri veri erano situati in una fossa rotonda nel pavimento. La funzione rituale del santuario è confermata dalla mancanza di tracce di attività quotidiana al suo interno. Lì dentro si facevano sacrifici e si seppellivano degli uri, probabilmente per omaggiare gli spiriti dei loro simili e farli tornare nella regione. Ovviamente la cosa non funzionò e il culto degli spiriti andò ben presto in crisi. I dati non sono molti ma mostrano che c’è una cesura nella coesione sociale verso l’8000 a.C., quando c’è un passaggio da uno stadio di pre-polity (più clan condividono l’accesso alle risorse di uno stesso territorio) a uno quasi-polity (più clan condividono una cultura comune). Dopo questa data iniziano ad emergere tracce di una cultura religiosa con riti diversi: il culto degli antenati, che vedremo nel prossimo post tra due lunedì.