La storia con i dati: correlazione tra centralizzazione e simboli nel neolitico
Nel neolitico, i simboli accompagnano il primo grande mutamento sociale tramite tecnologia dell'informazione
1. Perché compaiono i simboli
Dopo la pubblicazione, un mese fa, di un articolo in cui ho usato il Chronos dataset per capire quanto l’AI è in grado di generare dati storici corretti, ho deciso di aprire il dataset a tutti, in modalità commento. Ma riprendiamo il filo della rubrica bisettimanale.
Nel post precedente abbiamo introdotto il livello zero della gestione dell’informazione: l’oralità, e abbiamo visto i suoi rapporti con il matriarcato. Al primo livello della gestione dell’informazione ci sono i simbolismi, collegati all’appartenenza e al sapere elitario. I simboli appaiono in diverse culture nel mondo e in momenti diversi, ma tutte con una funzione comune: fissare le informazioni su un supporto durevole, per far proseguire la gestione dell’informazione oltre la vita della persona. L’interpretazione delle informazioni però passa necessariamente tramite la conoscenza di qualcuno che sa come leggere quei simboli e tradurli in oralità. Le società che iniziano ad utilizzarli molto probabilmente vedono diffondere l’informazione tramite una serie di storie comuni. Se riprendiamo il modello dell’informazione di Harari possiamo immaginare l’impatto della simbologia come un passo che va dall’informazione alla “verità”, facendo circolare storie che almeno una parte delle persone accetta.
Se guardiamo i dati, la diffusione di simbolismi correla con il passaggio delle società da clan a tribù. Almeno in occidente. Cerchiamo di capire perché.
2. I simboli in occidente
In occidente i simboli appaiono attorno al 9000 a.C. a Göbekli Tepe, nel sud della Turchia. Si tratta di bassorilievi raffiguranti volpi, anatre, avvoltoi e altri animali stilizzati scolpiti sui pilastri all’interno di un recinto sacro e sono state interpretati in vario modo, tra cui come rappresentazioni degli antenati o dei clan. Non solo: ci sono recenti evidenze archeologiche che gli stessi simboli fossero incisi su supporti diversi dalla pietra, come le ossa, e che alcuni di questi oggetti incisi fossero indossati per essere riconosciuti da chi li vedeva. Sappiamo poco della società che ha eretto questi monumenti, ma sappiamo qualcosa sul contesto dell’epoca. Ci sono prove archeozoologiche che nel 9500 a.C. le colline attorno a Göbekli Tepe erano territorio di caccia grossa, perché le gazzelle si spostavano in massa in quei luoghi tra la fine dell’estate e l’autunno, probabilmente facendo una tappa lungo una rotta migratoria. Le tribù che cacciavano lì in quel periodo si radunavano in massa e facevano festa accompagnando la carne cacciata con qualcosa di simile al pane azzimo. Dopo 500 anni appaiono i recinti sacri, i pilastri e i simboli. Le persone avevano bisogno di riconoscere le appartenenze ai diversi clan che partecipavano alla caccia, generazione dopo generazione. In questo senso i simboli fissano le storie di appartenenza ai clan sulla pietra e agiscono come chiavi mnemoniche legate fisicamente ad un luogo in cui periodicamente le tribù nomadi sapevano di tornare. Del resto si tratta di un utilizzo dei simboli molto simile a quello delle subculture urbane contemporanee.
Doveva esserci anche una parte di oralità e sapere elitario, perché non doveva essere difficile fare furti di identità. Se si uccideva il membro si potevano rubare i suoi simboli e ci si poteva spacciare per un’altra persona. Ma qui entra in gioco il sapere elitario. Probabilmente, solo chi conosce le storie del clan ne può interpretare i simboli ma, nella dimensione collettiva del grande raduno, le tribù avrebbero potuto imparare a riconoscersi e a rispettarsi, ingrandendo la società da clan a tribù. Il fatto che i santuari di Göbekli Tepe siano rimasti in uso per parecchie centinaia di anni, almeno fino all’8400 a.C., fa pensare che la gestione dell’informazione in quel contesto fosse positiva per il mantenimento dell’organizzazione sociale. Parlando di economia abbiamo già visto che questi meccanismi a Göbekli Tepe, almeno da un certo punto in poi, possano essere legati ai matrimoni, con i simboli che vengono riscritti per tenere un possibile registro dei legami tra clan, passando da un culto degli spiriti a un culto totemico.
3. I simboli in oriente
Anche la Cina ha scoperto l’uso della simbologia molto presto, ma gli esiti sono stati di tutt’altro tipo. Tra il 6600 e il 6200 a.C. la cultura Peiligang del villaggio di Jiahu, nell’attuale provincia dello Henan, aveva sviluppato un sistema di 11 simboli, molto probabilmente per la divinazione dai gusci di tartaruga e dalle ossa. Il ritrovamento a Jiahu di antichissimi flauti Gudi con la possibilità di fare scale di note fa pensare che ci fossero dei rituali specifici, probabilmente sciamanici, nei quali i simboli venivano interpretati. Non si tratta di un sistema di scrittura completo, ma di una proto-scrittura, e i simboli dovevano essere interpretati da qualcuno che li conoscesse, probabilmente una classe sacerdotale chiusa, uno sciamano o un oracolo con un sapere esoterico, dunque un passo nella direzione dell’ordine più che della “verità“ nello schema di Harari. Jiahu aveva un tenore di vita piuttosto ricco per l’epoca, ma poi verso il 6200 a.C., i simboli di Jiahu cessano di essere usati e la tarda cultura Peiligang sceglie di tornare all’oralità con una struttura matriarcale e egualitaria. I simboli riappariranno nel sito di Banpo della successiva cultura Yangshao, tra il 4300 e il 4200 a.C., quando la cultura patriarcale riprende lentamente piede in Cina.
3. simbologie ovunque
Dei simbolismi appaiono anche nelle americhe. Verso il 200 d.C. la cultura di Lima padroneggia lo sviluppo del tessile come bene di élite. Le immagini e i segni intrecciati o ricamati nei tessuti servivano come linguaggio pittografico per comunicare le loro storie e le convinzioni sul loro mondo, cosa che sembra a metà tra “verità“ e ordine.
In generale, i simboli li ritroviamo un po’ ovunque a partire dal neolitico ceramico, dove le decorazioni sul vasellame diventano proprio il marchio identificativo di diverse culture. Poi però le reti informative sterzano bruscamente verso l’ordine. Già con le società matriarcali dei grandi villaggi agricoli il pettegolezzo poteva assolvere a questa funzione, ma poi nelle grandi civiltà vengono adottati strumenti informativi molto più stringenti: i calendari, ci cui parleremo nel prossimo port. tra due lunedì.