Dalla Post-Verità alla Grande Narrazione
Giovedì 5 giugno sarò al WMF alla fiera di Bologna. Ecco di cosa parlerò:
1. L’epoca della post verità
Oggi dovevo parlare di politeismi, invece ho deciso di rimandare quel post alla prossima volta perché questa settimana sarò ospite al WeMakeFuture di Bologna nella sessione di generative AI. Per l’occasione mi sono anche fatto un selfie.
Ok, torniamo alle cose serie: parlerò di come i Large Language Models potrebbero permetterci di superare la post-verità e approdare a una Grande Narrazione. Ma partiamo dall’inizio, dalla post-verità: un contesto culturale e sociale in cui la verità intersoggettiva è modellata dalle emozioni e alle credenze personali. Alcuni aspetti chiave:
la conferma delle proprie credenze attira più delle notizie
il filtro algoritmico tende ad aggregare persone simili che rafforzano le proprie convinzioni (echo chambers)
chi si sente a disagio con le credenze prevalenti viene isolato e può diventare oggetto di bullismo
gruppi con credenze differenti possono diventare oggetto di hate speech.
Qual è la dinamica sociale che sta alla base della post-verità? Ce lo descrive la..
2 Social Identity Theory
La dico male e in fretta: l'appartenenza a gruppi sociali aumenta l’autostima dell’individuo, ma richiede l’interiorizzazione di una cultura (insieme di comportamenti). Gli individui si classificano e classificano gli altri in gruppi (in-group e out-group) in base a caratteristiche visibili (outlook, comportamenti) per capire in quale gruppo potrebbero sentirsi a proprio agio e fare il minimo sforzo di interiorizzazione di una cultura.
Fin qui tutto ok, ma poi, pur di mantenere un'autostima positiva, gli individui tendono a percepire il proprio gruppo come superiore agli altri. Questa caratteristica è nota come in-group bias. L'esposizione all'incitamento all'odio aumenta l’in-group bias sostituendo l'empatia con il disprezzo per gli altri gruppi (out-group). Tutto questo viene fatto per mantenere un’identità, ma fortunatamente le identità hanno più livelli: ci sono identità di lingua, professione, fede, nazionalità, ecc..) e un'identità sociale più inclusiva può ridurre l’in-group bias. Di cosa sto parlando? delle..
3. Grandi Narrazioni
Jean-François Lyotard le aveva descritte mentre stavano entrando in crisi. Ecco cosa diceva:
La Grande Narrazione è quella [narrazione] che cerca di fornire un resoconto totalizzante e completo di vari eventi storici [...] basandosi sul richiamo alla verità universale o a valori universali.
Sì, valori universali. Il contrario della post-verità. Chi ha letto il post sui cicli storici e ricorda le fasi del ciclo descritte dalla Structural-Demographic Theory potrebbe ricordare che valori universali, Grande Narrazione e coesione sociale sono ciò che viene creato entro la fine della prima fase del ciclo storico e rappresentano il motore della crescita. Si tratta di credere tutti in un’idea di futuro collettivo che va al di là delle distinzioni in-group e out-group. In un certo senso si tratta di religione, quasi.
Cosa c’entra tutto questo con i Large Language Models? beh..
4. I Large Language Models come Grandi Narratori
Luciano Floridi, uno dei filosofi che meglio hanno capito l’evoluzione dell’informazione negli ultimi decenni, introduce il concetto di “distant writing“, ovvero il fatto che l’autore (ovvero colui che filtra l’informazione con il suo punto di vista per il proprio pubblico) con i LLM tende a diventare sempre più designer di storie (colui che fa filtrare l’informazione per il proprio pubblico alle macchine), come in figura:
Abbiamo già visto in questo post come la cultura (e la censura) abbiano un impatto considerevole sui LLM. Questo significa che man mano che gli autori diventano designer di storie, le Grandi Narrazioni contenute dentro gli LLM prenderanno sempre più piede nell’immaginario collettivo. Qui mi fermo. Se volete sapere i dettagli venite in fiera a Bologna il 5 Giugno (il mio talk sarà verso mezzogiorno). Oppure:
Ci risentiamo tra due lunedì con i politeismi. Non perderti i prossimi post!