Fortificazioni, rame e crescita delle società
Nel calcolitico le società diventano sempre più grandi. La guerra cambia e costringe a evolvere o soccombere.
1. Se tutti sono pari nessuno evolve
Durante la raccolta dei dati storici abbiamo visto quali dimensioni hanno andamenti lineari o esponenziali e quali no. Abbiamo poi messo in relazione le dimensioni di tecnologie e guerra: Nel post precedente abbiamo analizzato l’introduzione delle armi a distanza, che permettono alle piccole comunità organizzate di uccidere un maschio alfa dispotico e creare forme sociali con un potere più distribuito. tra il mesolitico e il neolitico le tattiche con le armi a distanza si diffondono fino a che tutte le società in una stessa area di influenza sono più o meno allo stesso livello. Ma quando tutti sono pari nessuno ha l’egemonia le guerre per le risorse aumentano.
La cosa viene risolta con il secondo livello evolutivo delle tattiche di guerra, che inizia verso l’8000 a.C. e matura poi nel calcolitico, l'età del rame. In questo periodo emergono per la prima volta le fortificazioni. Tra le prime grandi mura di cui abbiamo testimonianza ci sono quelle del sito di Tell-es-Sultan, a Gerico. Lì, tra l'8300 a.C. e il 7800 a.C. circa, c'è stata una società di cui sappiamo pochissimo, ma sulla quale possiamo fare qualche ipotesi grazie all’interpolazione dei dati. Quello che sappiamo per certo è che questa società ha eretto la torre più alta dell'epoca, 8 metri e mezzo, oggi nota come torre di Gerico. Stiamo parlando del neolitico pre-ceramico A, un’epoca in cui le società erano clan semi-nomadi, che contavano circa un centinaio di componenti e avevano a disposizione solo attrezzi di pietra o legno. Erano già state erette 5 torri a Tell-Qaramel 2000 anni prima, ma molto più basse.
Non è chiaro il perché la società di Tell-es-Sultan abbia eretto una simile torre, un grattacielo per l'epoca. Tra le varie ipotesi ci sono quella difensiva e quella astronomica, ma l'ipotesi più accreditata è quella simbolica, ovvero una prova di forza per dimostrare alta coesione sociale. Una torre che poteva essere vista da lontano e incutere timore. Abbiamo evidenza che la società di Tell-es-Sultan era piuttosto avanzata per l’epoca: aveva addomesticato le capre e coltivava cereali come orzo e farro in un ambiente semi arido. Il problema principale per la sopravvivenza era più probabilmente la violenza derivante da una popolazione che cresceva più velocemente della produzione di cibo. Nei suoi scavi, la Kenyon trova una dozzina di scheletri umani con segni di violenza, molto probabilmente uccisi in lotte o rivolte. Dodici scheletri di quell’epoca sono tantissimi se si pensa alla scarsità di reperti di altro tipo che abbiamo su quella civiltà. Per di più Nigro cita molti archeologi che sono concordi nel dire che a Tell-Es-Sultan la ricchezza era distribuita in modo disomogeneo. Cosa è successo?
2. Il patriarcato si organizza
Di preciso non lo sappiamo, ma non sarebbe strano se fosse stato un despota a ordinare la costruzione della torre, magari per mantenere l’ordine instaurando un ordinamento patriarcale. Se così fosse, per la prima volta dopo millenni le squadre organizzate di lanciatori iniziavano a perdere di fronte al potere politico del maschio alfa. Del resto a vincere la guerra è sempre la società che si organizza meglio. Tell-es-Sultan aveva, e ha tutt'oggi, una fonte potabile in una zona semi-desertica, la sorgente di Ain-Es-Sultan. Inoltre, in zona c’era anche disponibilità di sale, elemento prezioso per conservare i cibi. In questo contesto, poco prima dell'8000 a.C. vengono costruite le mura, che per l’epoca sono decisamente ciclopiche. Quello che è strano è che non c’è evidenza di guerra. Le stime sulla popolazione ci dicono che c’erano probabilmente più di un migliaio di persone dentro le mura, ed è possibile che una società così numerosa facesse desistere qualsiasi piccolo gruppo di cacciatori-raccoglitori dall’attaccare Tell-es-Sultan. Se possiedi una ricchezza crescente e la proteggi con delle mura probabilmente è perché stai attirando molte persone che la vorrebbero rubare. Possiamo immaginare che all'interno delle mura comandasse la stirpe del maschio alfa con il patronaggio, su gente che desiderava l’accesso alle sue risorse, ed era disposta a sottomettersi al suo potere per accedervi. Non sappiamo con certezza se le mura fossero state erette per evitare che delle inondazioni sciogliessero il sale, per tentare di fermare le invasioni di cavallette o per regolare l’immigrazione. In ogni caso la società di Tell-es-Sultan durerà ancora 200 anni dopo la costruzione delle mura e la sua caduta è più probabilmente legata a problemi interni che a conquiste dall'esterno, dal momento che il sito viene abbandonato per qualche migliaio di anni dopo la sua caduta.
3. Tra le fortificazioni e il rame
Il periodo di cui parliamo è quello indicato nella figura. Fino al 5500 a.C. circa le tecnologie militari sono diffuse alla stessa maniera e la differenza nella guerra la fanno il numero e le fortificazioni. Non è chiaro se Tell-es-Sultan sia stata l'unica città del neolitico ad avere delle mura così grandi, ma nel calcolitico, tra il 5300 e il 4700 a.C. emerge in Turchia la città di Güvercinkayasi e le mura diventano sicuramente difensive. L'insediamento, situato in posizione strategica su un alto ammasso roccioso sulla riva del lago Mamasun Damcon, aveva una parte bassa abitata dalla popolazione e una parte alta per l'élite, recintata da mura. La società di Güvercinkayasi era un vero e proprio regno, con una struttura militare e un controllo sulla produzione agricola dai villaggi limitrofi in cambio di protezione. Nello stesso periodo la cultura di Vinča, situata nei carpazi, impara a lavorare il rame e il processo si diffonde abbastanza in fretta dall’Anatolia a alla Mesopotamia. Nel Vicino Oriente, i depositi di rame si esauriscono presto e si deve far ricorso ai minerali di rame: cuprite, malachite, azzurrite e calcopirite. Quest’ultima è molto diffusa ma richiede un processo piuttosto complesso, perché fonde alla temperatura di 1085 gradi centigradi, più dell’argento e poco più dell’oro. I forni per estrarre il rame richiedevano molto probabilmente di essere alimentati da più persone che soffiassero continuamente sulla fiamma. Una volta estratto però il rame è fantastico perché molto duttile. All'inizio vengono prodotti monili, ma ben presto appaiono anche armi di rame. Verso il 4500 a.C. emerge sulla costa sud della Turchia la città-stato di Mersin/Yumuktepe, nella quale sono state ritrovate imponenti mura difensive e fornaci per la lavorazione del rame, che molto probabilmente veniva esportato nell'Egitto della cultura Naqada e a Ubaid, in Mesopotamia.
4. Lo stesso pattern in tutto il mondo
La cosa interessante è che le armi che vengono inventate in questa fase e forgiate con il rame sono per il corpo a corpo. Teste di ascia, pugnali, mazze e, più raramente, spade corte. Queste armi non erano necessariamente usate in battaglia, il rame è troppo poco resistente per il combattimento. Però le armi di rame erano certamente un simbolo di potere e possiamo immaginare fossero usate per le esecuzioni rituali dei prigionieri di guerra o per i sacrifici.
Anche in Perù emerge questo pattern, in modo indipendente, molti secoli dopo. Verso l'anno 1000 d.C. sulla costa peruviana si afferma la cultura Chimú, una delle prime nella regione a saper lavorare rame, oro e argento. La loro capitale, Chanchan, viene presto fortificata con mura difensive e appaiono coltelli per esecuzioni rituali finemente decorati.
5. Il mito fondativo
In Cina un pattern del genere si trova nella leggenda di Huangdi, l’imperatore giallo, in particolare nel racconto della battaglia di Zhuolu. Non abbiamo evidenze archeologiche che tale battaglia sia effettivamente avvenuta, ma è il fatto stesso che sia stata tramandata la leggenda ad essere significativo, perché racconta una vittoria della furbizia e delle armi da mischia sulle armi da lancio. La battaglia è collocabile verso il 2700 a.C. e rappresenta la vittoria dell'imperatore giallo, i cui clan erano in nettissima inferiorità numerica, sulle tribù dei Juili per il controllo di terre fertili al confine tra le attuali province di Hebei e Shanxi. La leggenda narra che l'attacco dell'imperatore giallo sia avvenuto durante una nebbia fittissima nella quale, grazie all'aiuto di carri che indicavano il sud, i suoi uomini furono in grado di orientarsi e massacrare i Juili con armi da mischia, visto che la nebbia rendeva impossibile l'uso di armi a distanza. La vittoria di una guerra dagli esiti incerti genera un mito fondativo in cui la società vincitrice rafforza la propria identità collettiva, la capacità di cooperare e la convinzione di essere superiore alle altre.
6. Guerra e evoluzione
In generale a questo livello evolutivo gli eserciti iniziano a diventare più grandi e organizzati. Se una società si trova a combatterne una più avanzata militarmente, o evolve le sue tecniche di guerra o soccombe. Ecco come fa a tornare il patriarcato e a battere i piccoli gruppi di arcieri. Ecco perché la guerra è uno dei motori principali dell’evoluzione sociale, come sostiene Turchin. Ma attenzione! Le culture delle società perdenti non scompaiono del tutto. Parte degli arcieri perdenti viene sottomessa e lentamente integrata nella società dei vincenti e lì si hanno ibridazioni di cultura che nel tempo portano delle Darwiniane “discendenze con modificazioni“, ovvero delle innovazioni.
Il prossimo lunedì vedremo cosa succede dopo, quando le competenze cominciano a fare la differenza.